27 February 2008

La chitarra battente sul palco di Sanremo



La chitarra battente rappresenta uno dei simboli più nobili, belli e antichi del nostro Paese, come il buon pane, la pasta, il caffè di questo meraviglioso Paese.

"Chitarra battente", "chitarra mandola", "guitare en bateau", "guitare capucine", "guitare toscane-chitarra toscana", "chitarra a volta-wolbgitarre". Molteplici denominazione per un solo strumento, quello a cinque corde che fra il XVIII e il XIX secolo influenzò molta della musica e della danza italiana e che è giunta fino a noi quasi totalmente immutata.

I primi documenti scritti sulla chitarra detta "battente" sono della metà del ‘600.

Questo strumento, tutto italiano, si differenziava dalla chitarra spagnola (quella che comunemente chiamiamo ancora oggi chitarra) per avere i tasti fissi, ottenuti intarsiando delle sbarrette di metallo o avorio sulla tastiera, e perché il suo ponticello era mobile, tenuto in posizione dalla tensione delle corde. Queste caratteristiche fanno pensare che sullo strumento fossero normalmente montate corde di metallo (ottone o acciaio a bassa tempera).

La chitarra battente trae origine quasi sicuramente da quella barocca, tuttavia, col passare dei secoli, la chitarra barocca ha subito molte trasformazioni fino alla sua forma attuale, mentre la chitarra battente, salvo particolari trascurabili, è rimasta per lo più identica. Non a caso, la famiglia dei famosi liutai De Bonis, per la piegatura delle fasce, utilizza ancora oggi delle forme del 1700.

Strumento diffusissimo fino ai primi decenni del nostro secolo, attualmente è presente in Calabria, Cilento, Gargano, Campania, ma è stato relegato ad ambiti musicali sempre più ristretti, per cui i numerosi costruttori hanno quasi smesso di costruire questo antico strumento.

Il suono della chitarra battente è uno dei simboli delle tradizioni musicali italiane, tradizioni che attendono da molto tempo di essere tutelate e protette.

Questa tutela sembra essere ormai a portata di mano grazie alla Convenzione dell'Unesco in materia di patrimonio culturale immateriale. Infatti la convenzione finalmente disciplina un settore sinora scarsamente riconosciuto dal punto di vista giuridico, comunemente definito come “cultura tradizionale”, “folclore” o “cultura popolare”.

In particolare la Convenzione mirerebbe a salvaguardare, promuovere e condurre attività di ricerca sulle forme di espressione culturale tradizionali quali la musica, le leggende, la danza nonché il sapere tradizionale relativo all’ambiente e alle tecniche artigianali, ponendo al centro dell’attenzione l’importanza della trasmissione orale e la pluralità globale delle forme tradizionali di espressione culturale.

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